Un gruppo di ricercatori lavora alacremente durante
una campagna di scavi archeologici nella pianura piemontese. Si viene a scoprire che lì esisteva una città
romana, Industria, i cui abitanti avevano edificato un
tempio dedicato a Iside e uno a Serapide, divinità adorate nell’antico Egitto il cui culto si era diffuso un po’
ovunque nell’ impero romano. L’incipit della storia trae
origine dagli scavi con Davide, protagonista del romanzo, sul campo di lavoro, la fronte madida di sudore,
sotto il sole implacabile di fine giugno con quaranta
gradi all’ombra. Il ragazzo prova quasi una certa soddisfazione, nonostante le avverse condizioni climatiche,
ad essere l’unico superstite del gruppo di ricercatori. Si
tratta di un sentimento nuovo, quasi euforizzante che lo
fa sentire più forte dei compagni, uno stimolo ad essere
migliore, forse una sfida nei confronti della vita stessa.
La campagna di scavo, proprio in quel tratto in cui il Po
riceve le acque fredde della Dora Baltea, luogo in cui
erano stati rinvenuti bronzetti votivi e statue riconducibili a Iside, la grande Dea, Regina d’Egitto, è un fatto
entusiasmante, elettrizzante. E qui per un secondo tutto
sembra fermarsi, forse anche l’autore stesso, con abile
maestria, crea un attimo di suspense, prima dello scatenarsi della tempesta.
Giulio Bosso, con una scrittura lineare, chiara, precisa,
ci trascina in un vortice di emozioni attraverso un viaggio misterioso e affascinante nell’ antico Egitto coinvolgendo il lettore in una trama magistralmente costruita e
amalgamata con simboli e parole magiche. Seguono
eventi straordinari e inquietanti a sconvolgere quel piccolo paese del Piemonte nei pressi degli scavi archeologici: la morte violenta di alcune persone e strani simboli sui cadaveri. Il romanzo si tinge così di noir, dando
ancor di più quel tocco di mistero e suspense alle pagine che lo rendono interessantissimo e coinvolgente. “I
più grandi segreti sono quelli spalancati davanti a noi”
scriveva Don De Lillo. E agli occhi del lettore si aprirà,
improvviso, un mondo nuovo, con nuovi orizzonti da
esplorare ed emozioni da provare, in una storia infinitamente ben delineata e narrata che incuriosisce e lascia
con il fiato sospeso. Scriveva Cornelio Fabro: “Chi sceglie il finito, segue il destino del finito e il destino del
finito è di trascinare il finito nel finito, infinitamente.” È
il caso del Fascino della Regina che l’autore dedica a
Isabella, Regina della sua vita. Bellissimo.
Nicla Morletti
è nato a Chivasso (TO) il 29 gennaio 1971 e vive a Brusasco (TO), piccolo paese di cui è stato Sindaco per nove anni. Lavora come impiegato amministrativo presso il Comune di Villareggia. Nel 2010 ha pubblicato il suo primo romanzo, Il Canto del Fiume, (Editrice "Tracce", Pescara).