“Il Molinello 2006” - Maria Luisa Spaziani

Copertina di "La traversata dell'oasi"

Maria Luisa Spaziani

nasce a Torino nel 1924. La città di Torino compare pochissimo nella sua poesia; più presenti sono invece i paesaggi tra il Piemonte e la Liguria, e le campagne dell'astigiano, dove vive gli anni dello sfollamento. È lì che impara a conoscere "gli odori, i profumi, le scorze degli alberi, i ritmi della semina", e tutto questo la avvicinata al mondo dei contadini: "la raccolta delle patate - lei dice - è inebriante, perché viene fuori il sapore della terra viva". Una delle sue poesie più antiche, inserita nella silloge d'esordio, Le acque del Sabato (1954), racconta il paese della madre, Mongardino d'Asti:

Alberi nudi dentro un tempo nudo sul cielo del paese di mia madre. Dove s'ingorga l'acqua nei canali tra l'erba rinsecchita e la vite s'attorce nella bruma con mani disperate.


A dodici anni scopre la figura di Giovanna d'Arco e se ne innamora follemente. "Settimane e mesi passati nella luce straordinaria di questo mistero. Quando ho scoperto che è esistita una donna come Giovanna d'Arco ho scoperto il mondo: è stata la mia grande educazione incontrare in un'unica persona dei valori così straordinari, le punte estreme della semplicità contadina, l'alta illuminazione morale e religiosa, la capacità di incarnare un'azione pratica, l'amore di patria, il carisma straordinaria. Questo mio amore è nato a dodici anni e non è ancora finito. Per me Giovanna d'Arco è semplicemente la poesia; è la donna come dovrebbe essere dopo ogni femminismo riuscito, e cioè una creatura che abbia le stesse potenzialità di un uomo ma che agisce autonomamente, secondo il suo personale destino, secondo i suoi gusti, le sue scelte, in stretta simbiosi con l'universo maschile. Come il cervello ha il lobo di destra e quello di sinistra, così la nostra civiltà ha il maschile e il femminile. È assolutamente impensabile, se non pagandola con tutte le crisi della nostra storia, che uno prevalga sull'altro, e brutalizzi l'altro".

Si stemperò quell'angelo sul muro, i lillà ricoprirono la spada, quel viso formidabile e stupendo, la lucente armatura circonfusa da un candore di penne. Sempre tacqui. Portavo in me il germoglio del futuro, la gloria della Francia e di Gesù. Tutto ciò che lui disse, un giorno fu. (da Giovanna d'Arco, 2000)


A diciannove anni dirige la rivista "Il dado", senza avere mai il coraggio di scrivere su quelle pagine. Tra i collaboratori figurano Vasco Pratolini, Sandro Penna, Vincenzo Ciaffi. Virginia Woolf, poco prima di morire, invia alla giovane Maria Luisa un capitolo del romanzo Le onde, con una dedica autografa: "Alla piccola direttrice". È in quegli anni che conosce anche Leonardo Sinisgalli, presenza importante nella sua formazione letteraria, ed Ezra Pound, incontrato a Rapallo.
Fondamentale è l'incontro con Eugenio Montale. Pur conoscendo a memoria Ossi di seppia, al principio non ha desiderio di incontrarlo: "Ne avevo sentito parlare male: dicevano che fosse misantropo, misogino, scostante, che non sorridesse mai. Ma poi l'angelo tessitore me l'ha spedito a Torino, e per curiosità sono andata a una sua conferenza al teatro Carignano il 14 gennaio del 1949. Mentre stavo per uscire, la direttrice mi dice: Si fermi, ché vogliamo presentare i giovani poeti torinesi a Montale. Io non mi sentivo poeta, perché non avevo pubblicato niente, e poi ero molto intimidita. Allora si è verificata una cosa molto strana, che né io né Montale stesso siamo riusciti a capire negli anni seguenti. Eravamo sei persone in fila; lui passava, dava la mano con gli occhi bassi senza guardare in faccia nessuno e diceva: Piacere, piacere. Stavo per scappare quando lui arriva davanti a me e appena sente il mio nome alza gli occhi e mi dice: Ah, è lei. Rimango senza fiato, e dico la prima banalità che mi viene in mente per vincere l'imbarazzo: Viene a pranzo da me, domani? E lui: Sì".

E lui mi aspetterà nell'ipertempo, sorridente e puntuale, con saluti e storie che alle poverette orecchie dell'arrivata parranno incredibili. Ma riconoscerà, lui, ciò che gli dico? In poche note o versi qui raccolgo i messaggi essenziali. Un alto raggio, aria diversa glieli tradurrà. (Viaggio Verona-Parigi 1987-1990, da I fasti dell'ortica, 1996)


"Sodalizio è una bella parola un po' vecchia che vuol dire un'unione profonda di due creature, sulla base di cose comuni. Questa base di fondo comune tra me e lui è stata sempre la poesia".
Poco tempo dopo il primo incontro, Maria Luisa trova lavoro nell'ufficio stampa di una ditta anglo-cinese a Milano. Anche Montale si è trasferito di recente a Milano, dove lavora per il "Corriere della Sera". Iniziano a vedersi ogni giorno, avendo anche un'altra complicità: quella del canto. "Io avevo una voce discreta, e lui sognava - avendo perduto la possibilità di diventare un baritono - di avere un'allieva. È nata così un'amicizia quasi amorosa, che non è paragonabile però a una storia d'amore. Ci vorrebbe una lunga analisi per dire che cosa è stato questo legame, testimoniato da 360 lettere di lui che sono state date, dopo la sua morte, all'archivio di Maria Corti, presso l'Università di Pavia".
L'amicizia dura per oltre quindici anni, più o meno fino al '65-'66. I rapporti si allentano un poco a seguito del trasferimento di Maria Luisa a Roma.
Utilità della memoria (1966). "L'oblio e la memoria giocano un ruolo fondamentale nella nostra vita. Senza memoria sarebbe tutto piatto: un presente senza sale. Nella mia poesia la memoria vive di cose che si vedono, che si toccano, e così spazia ampiamente dal Piemonte agli anni di Milano, alla Sicilia, dove ho abitato tanti anni, seppure in modo saltuario perché ero una pendolare universitaria, e poi il Nord Europa, il Belgio, la Normandia, Parigi. Sono molti i riferimenti diretti o indiretti a questi luoghi nella mia poesia".

Parigi dorme. Un enorme silenzio è sceso ad occupare ogni interstizio di tegole e di muri. Gatti e uccelli tacciono. Sono io di sentinella. Agosto senza clacson. Sopravvivo unica, forse. Tengo fra le braccia come Sainte Geneviève la mia città che spunta dal mantello, in fondo al quadro. (da Viaggio Verona-Parigi 1987-1990, op. cit.)


Lungo la sua educazione filosofica e letteraria, la lettura di Marcel Proust è fondamentale per le due grandi distinzioni riguardanti la memoria. "La memoria volontaria è quella che si affida alla nostra intelligenza, e ci permette di creare un filo di continuità fra le cose; quella involontaria è quella che ci viene da una sensazione, da un'emozione sensoriale, perché i nostri sensi sono le grandi porte dell'anima, e non abbiamo altro modo per ricevere messaggi se non attraverso i sensi; per cui, come racconta Proust, un fazzoletto con quattro gocce di profumo dimenticato in un cassetto ti scaraventa nel passato in un modo quasi magico. Anzi, decisamente magico".
L'occhio del ciclone (1970) si riferisce agli anni in cui la poetessa vive a Messina e scopre la Sicilia. "Io che allora abitava a Roma, sono stata catapultata a Messina quando invece facevo di tutto per andare a vivere nel Nord Europa, specialmente a Parigi, a Bruxelles - i miei due poli di attrazione. A Messina ho fatto un mucchio di scoperte: per amicizia, per viaggi, per bellezze, anche per solitudine. I primi tre o quattro anni abitavo in un albergo isolato dove, a parte le due ore del mattino di lezione, stavo tutto il giorno sola. Lì ho scritto moltissimo e letto moltissimo. Insegnavo lingua e letteratura tedesca, benché il tedesco non sia veramente la mia lingua, fino a quando non si è liberato l'incarico di lingua e letteratura francese e allora ho potuto rientrare nel solco delle mie predilezioni e dei miei studi".
Dopo Transito con catene (1977), "un libro impuro, ricco di suggestioni diverse e lontane", Geometria del disordine (1981), La stella del libero arbitrio (1986), I fasti dell'ortica (1996), La freccia (2000), pubblica una raccolta "anomala perché monotematica", La traversata dell'oasi (2002): "poesie d'amore che riguardano uno stato d'animo attuale - una specie di fascio unico di ispirazione. Situazioni diversissime, attraverso cui l'amore è cantato agganciandosi agli eventi del giorno, a un incontro, a una telefonata. Sovente invece il tono è molto alto, come se questo fondamentale accadimento della nostra vita fosse contemplato da un elicottero celeste".

Volo sopra le Alpi, il tuo ricordo copre la pianura del Po fino alle nevi dell'Etna. Sei il mio paesaggio, la mia patria, il mio emblema, il respiro profondo. Sei l'albero di cui sono la chioma, fiorisco alta sui tuoi folti rami. Le tue radici mandano la linfa che sale e canta e nutre le mie cellule. Chi le nutriva in quegli anni incredibili quando di te ignoravo gli occhi e il nome? Quella voce segreta che sussurra nei giorni giovani le sillabe: "Aspetta!".


Poesie dalla mano sinistra, (2002) è "una raccolta di poesie manoscritte, con caratteri tipografici a fronte.Il tono è giocoso, ai limiti dell'aforisma, come nella prima parte, L'inciviltà dei consumi, con versi scherzosi di critica al consumismo:

GLI INNOCENTI
Gira la ruota, e sempre nel progresso tu ti ostini, t' illudi. Un tempo gli Innocenti erano santi, oggi soltanto tubi.


"Ma nella seconda parte ci sono poesie di forte ispirazione come

UNO STRIDORE
Immetti nei tuoi flauti uno stridore perchè così è la vita. In paradiso talvolta i cori angelici riposano per regalarci un lampo d'uragano. Sono pietosi gli angeli, non vogliono che si cancelli quel passato umano, quando il tempo glorioso svettava dagli intervalli del dolore.


Teatro comico e no, (2004), "un libro inatteso e imprevedibile di testi teatrali più comici che umoristici. La parte più spiritosa, aggressiva e paradossale del suo carattere si rifugia in questi testi che il pubblico ha tanto mostrato di apprezzare. Una schizofrenia inspiegabile per la stessa Autrice, ma che il famoso critico Luigi Baldacci ha definito "la rivincita inevitabile della sua fondamentale cattiveria". I personaggi che compaiono in questo libro vanno da La vedova Goldoni a Rousseau, da Caterina di Russia a Monaldo Leopardi, da certi personaggi struggenti della corte del Re Sole alla corte di Re Numa alle prese con la ninfa Egeria. Particolarmente divertenti e cattivi i processi a Giosuè Carducci e a Giacomo Puccini".
"Io ho vissuto come volevo. Non ho grandi rimpianti, né rimorsi. Tra le sofferenze più grandi metterei i tradimenti dell'amicizia e dell'amore, e poi alcune difficoltà pratiche che, vivendo da sola, soprattutto in certi periodi, mi creano molto disagio. Quando si è soli, come in fondo sono sempre stata io, bisogna continuare a guidare la propria barca, anche se si è stanchi, anche se c'è la bufera".

La traversata dell'oasi

Quasi un romanzo d'amore: così potremmo definire La traversata dell'oasi, che è un'opera felice quanto sorprendente, perché ci presenta una dimensione nuova del lavoro poetico di Maria Luisa Spaziani, capace di coinvolgere il lettore nella freschezza e nell'armonia della sua parola.
È questo infatti un libro monotematico, composto da quasi duecento poesie d'amore (veri e propri gioielli), che costituiscono un originale resoconto o un diario lirico di un' esperienza autentica, che passa attraverso le molteplici sfumature del sentimento e le non meno varie implicazioni erotiche di una vicenda di grande contenuto vitale. Una Spaziani nuova, dunque, per certi aspetti dirompente, ma non per questo immemore del proprio stile, della sapiente misura che ne ha fin qui caratterizzato l'opera e imposto la figura. Ritroviamo, allora, il tipico tono classico, tendente all'alto, della sua poesia,che però qui si mescola proficuamente a espressioni e modi di una netta modernità, a volte anche con soluzioni di un' energia violenta. Vari sono dunque i registri nei quali l'autrice ha saputo muoversi in questa sua Traversata, che accoglie anche il tono comico, o l'inserzione ironica, come del resto è nel suo repertorio. Fra slanci e gioia, fra turbamento e passione, Maria Luisa Spaziani ha realizzato uno dei più nitidi e incalzanti canzonieri d'amore della nostra poesia contemporanea.

opera:
La traversata dell'oasi
autore:
Maria Luisa Spaziani
editore:
Mondadori